Resistenza al rotolamento dei pneumatici: come si calcola?

Quando si parla di resistenza al rotolamento dei pneumatici, si fa riferimento a un parametro cruciale del funzionamento della gomma: ma di cosa si tratta esattamente? E, soprattutto, come si calcola? La resistenza al rotolamento è una forza che si sprigiona durante il rotolamento di una gomma e lo fa in direzione opposta a quella del moto. Il peso del veicolo comporta una deformazione nel pneumatico nel punto in cui esso è a contatto con la superficie stradale e tale deformazione causa una perdita di energia. Per poter vincere la resistenza al rotolamento, il motore di qualsiasi veicolo è chiamato ad uno sforzo aggiuntivo ed è questo a causare un aumento dei consumi di carburante.

Quanto incide la resistenza al rotolamento dei pneumatici sui consumi?

Quantificare l’incidenza della resistenza al rotolamento sui consumi di un’auto non è semplice poiché sono diversi i fattori chiamati in causa, in primis lo stato stesso delle gomme. Coperture non gonfiate alla pressione corretta comportano un aumento dei consumi e naturalmente influisce pure la tipologia di mescola adoperata. In linea di massima, l’incidenza si attesta intorno al 20% e attraverso calcoli del tutto teorici, possiamo affermare che riducendo la resistenza al rotolamento del 6%, i consumi di carburante diminuiranno dell’1%. Ecco perché le aziende produttrici di gomme sono sempre più attente a questo parametro, anche in un’ottica green dei propri prodotti, e per le stesse ragioni uguali attenzioni devono riservare gli automobilisti a tale aspetto: un’adeguata manutenzione delle gomme consente di risparmiare carburante, attraverso il mantenimento di una ridotta resistenza al rotolamento che si può ottenere con un controllo regolare della pressione affinché il suo livello sia sempre corretto.

Quali altri fattori incidono sui consumi di carburante?

La resistenza al rotolamento è soltanto uno degli elementi che incide sui consumi di carburante di una vettura, secondo molti marginale rispetto ad altri ma non è così e perciò bisogna tenerne conto. Hanno un impatto altrettanto significativo l’aerodinamica del veicolo e il suo peso, il tipo di motore, sistemi quali ad esempio l’impianto di condizionamento, e poi ci sono altri fattori più “estemporanei” ma che ugualmente hanno la loro incidenza, innanzitutto lo stile di guida (un approccio sportivo è più esigente sui consumi rispetto ad uno “tranquillo”), la tipologia delle strade, i percorsi (quelli fatti da continue frenate ed accelerazioni portano a consumare più carburante) e ovviamente, come abbiamo visto in precedenza, anche i pneumatici. Ciò spiega perché è importante valutare la resistenza al rotolamento di una gomma prima di portare a termine l’acquisto.

Come si calcola la resistenza al rotolamento?

È possibile calcolare la resistenza al rotolamento? La risposta è affermativa: tale parametro si può esprimere attraverso un coefficiente in chilogrammi/tonnellate che si calcola considerando la forza di rotolamento divisa per il carico del pneumatico. Quello che si ottiene è un valore di massima, poiché il coefficiente viene calcolato in condizioni di prova del pneumatico, per cui si avranno delle indicazioni attendibili ma valide solamente in un determinato range di situazioni nelle quali la gomma è stata testata. Tuttavia in tal modo si possono ricavare delle classi di resistenza al rotolamento a seconda del pneumatico che ci forniscono informazioni preziose circa l’efficienza in termini di consumi, permettendo così di individuare le gomme delle fasce più alte che garantiscono una bassa resistenza al rotolamento e perciò un impatto inferiore sui consumi di carburante del veicolo. Le classi di efficienza sono poi quelle riportate all’interno dell’etichetta europea, quindi facilmente consultabili prima dell’acquisto.

Classi di efficienza nei consumi

I pneumatici che hanno un coefficiente di resistenza al rotolamento uguale o inferiore a 6,5 appartengono alla classe A, la più alta, e dunque garantiscono un basso impatto in fatto di consumi di carburante. Le gomme con coefficiente compreso fra 6,6 e 7,7 rientrano nella classe B, quelle con coefficiente tra 7,8 e 9 nella classe C. In fondo alla lista delle lettere dell’alfabeto utilizzate per suddividere le diverse classi di efficienza troviamo la G: fanno parte di quest’ultima classe le coperture con un coefficiente uguale o superiore a 12,1. Si tratta di pneumatici che incidono in maniera significativa sui consumi e perciò hanno un’elevata resistenza al rotolamento. Se si tiene conto che mediamente per vincere la resistenza al rotolamento serve circa il 20% dei consumi di carburante, si capisce quanto possano pesare sui portafogli al momento di fare il pieno le gomme appartenenti ad una classe di efficienza bassa.

Resistenza al rotolamento: i miglioramenti grazie alla tecnologia

Il parametro della resistenza al rotolamento è forse quello sul quale hanno inciso di più i progressi della tecnologia. È sufficiente un esempio per capirlo: 30 anni fa per spostare un veicolo di 1000 chilogrammi era necessaria una forza di circa 30 kg, oggi invece sono sufficienti 8 chilogrammi utilizzando i pneumatici più efficienti in termini di resistenza al rotolamento, quelli appartenenti alla classe A. Si tratta di quasi un quarto della forza in meno, che si traduce in una consistente riduzione in fatto di consumi e di conseguenza in un notevole risparmio per l’automobilista. Questo miglioramento è stato reso possibile dallo sviluppo che ha riguardato i pneumatici, migliorati sia dal punto di vista della struttura che per ciò che concerne le mescole adoperate e il design del battistrada, che hanno permesso di ridurre la resistenza all’avanzamento generata dalle gomme.

Le evidenze dei test su pista

Finora abbiamo parlato di calcoli e numeri, indubbiamente significativi, ma che forse non rendono l’idea dell’impatto nella guida di tutti i giorni della resistenza al rotolamento. A far diventare questo parametro “reale” ci ha pensato Michelin con un test specifico: due auto identiche con lo stesso carico equipaggiate con gomme differenti, una con gli economici Cormoran e l’altra con gli Energy Saver del marchio francese, realizzati appositamente con l’obiettivo di ridurre la resistenza al rotolamento. Le due auto sono partite dallo stesso punto e una volta raggiunti i 34 chilometri orari nel medesimo intervallo di spazio sono state spente e messe in folle dai rispettivi piloti, lasciando in tal modo come uniche resistenze all’avanzamento l’aria e appunto le gomme. Risultato? Il veicolo con a bordo i Michelin Energy Saver si è fermato addirittura 100 metri dopo!

La resistenza al rotolamento incide sull’aderenza di un pneumatico?

Nella risposta a questa domanda risiede la spiegazione circa i progressi compiuti nell’ultimo trentennio dalle gomme in fatto di resistenza al rotolamento. In passato questi due parametri erano strettamente collegati, per cui per avere un’elevata aderenza serviva anche un’alta resistenza al rotolamento. Oggi con strutture studiate nel dettaglio e materiali sempre più sofisticati è stato possibile ridurre la resistenza al rotolamento di una gomma senza però sacrificare l’aderenza: il grip perciò è sempre ottimale pure su quei pneumatici che possono vantare una resistenza all’avanzamento limitata. Il risultato è che ora possiamo contare su gomme con battistrada ottimizzato che consentono di consumare sino a 150 litri in meno di benzina ogni 40 mila chilometri offrendo sempre performance di alto livello in termini di aderenza, trazione, tenuta di strada in curva e contenimento degli spazi di frenata.

Quali elementi della ruota incidono sulla resistenza al rotolamento?

Oltre agli elementi legati alla vettura, ci sono anche quelli che coinvolgono le ruote da considerare in relazione alla resistenza al rotolamento. Innanzitutto il peso: i cerchi in acciaio sono più pesanti di quelli in lega e dunque aumentano la resistenza al rotolamento della ruota. Come visto in precedenza, la mescola della gomma: quelle con bassa resistenza hanno un contenuto più elevato di silice. I fianchi del pneumatico, se sono più rigidi riducono le deformazioni della copertura e di conseguenza limitano la resistenza all’avanzamento. La pressione dev’essere sempre corretta, poiché in una gomma sgonfia la resistenza può aumentare fino al 30%. Bisogna poi considerare che quando si acquista un set di pneumatici nuovi, i consumi di carburante aumentano nei primi mesi di utilizzo poiché vi è una resistenza al rotolamento maggiore del 20% circa rispetto a gomme usurate; con coperture consumate, dunque, si ha una resistenza inferiore.

La sfida del domani

Con la diffusione sempre più massiccia delle vetture elettriche e ibride, la resistenza al rotolamento dei pneumatici assume un’importanza ancora superiore, perché non inciderà più – o almeno non soltanto – sui consumi, bensì sull’autonomia stessa della vettura: la sfida del domani delle aziende produttrici di gomme sarà quindi la realizzazione di prodotti con una resistenza al rotolamento più bassa possibile (senza ovviamente sacrificare altri aspetti cruciali come l’aderenza e la tenuta di strada, poiché da essi dipende la sicurezza al volante) affinché le auto elettriche possano garantire un chilometraggio superiore. L’obiettivo potrà essere raggiunto attraverso la realizzazione di gomme con fianchi più rigidi – anche per supportare meglio veicoli dal peso decisamente superiore – e con un battistrada più stretto, riducendo così la superficie di gomma a contatto con l’asfalto (in quanto maggiore è la superficie di contatto, più alta sarà la resistenza al rotolamento). In futuro i pneumatici non saranno più dunque solo un “accessorio” di un veicolo, ma parte integrante di esso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *